SDS#97 – I RICCHI HANNO ROTTO IL CAZZO

Sarà il caldo, sarà che col riscaldamento globale fa più caldo der solito, sarà che col caldo pure la sopportazione nostra è ridotta, ma io lo devo di’: i ricchi hanno rotto il cazzo. E quello che deve tirà fori la stilografica in treno e il libro in francese e il giornale in inglese e poi passa tutto er tempo a spizzà i regazzini che parlano de calcio e de figa ma io dico allora che te li sei portati a fa’ er libro, i giornali e la stilografica? Cioè na vorta i ricchi erano stronzi ma tutto sommato, per la gran parte, erano armeno discreti. E mo invece tutti i giorni te devono postà er selfie dalla barca, dar jet privato, da in braccio a Cristo mentre fòri c’è la fame e la devastazione e l’apocalisse. E poi, se tu non t’accodi al loro profondo dolore perché je s’è scheggiata l’unghia e c’hanno fatto ‘na diretta instagram da dieci minuti, la colpa è pure la tua che c’hai l’odio sociale, l’invidia sociale, il rodimento de culo sociale, l’animadelimejo sociale, direi. E invece li devi capì, me devi esse solidale con la sofferenza, poverelli è gente che è cresciuta a pane e yacht ma che ne sanno der mondo reale, non puoi pretende che capiscono quello che je succede intorno. S’ansiano per le piccole cose (soprattutto le piccole cose loro). Ma io dico ma voi che ciavete i sordi non ve potete pagà un po’ de psicoterapia e le paturnie vostre ve le risolvete in privato? Oppure, sempre visto che ciavete i sordi, me pagate la psicoterapia a me così dopo so’ rilassato e c’ho la pazienza necessaria a sopportavve? Ve lo chiedo co tutto er core: non potete tornà a fa’ i ricchi stronzi de ‘na vorta? Noi tornamo a fa i poveri stronzi che ve odiano, voi ce sfruttate come sempre senza pietà (cioè come fate adesso), ma senza ‘sto teatrino delle piangine incomprese da circolo der burraco? Pure perché io a te ricco, famoso, vip de non se sa bene cosa, una roba te la vorrei chiede: ma tu l’hai spesa mezza lacrimuccia, pure finta, pe’ quelle centocinquantamila famije che da agosto non sanno come mette insieme er pranzo co’ la cena? Ah no? Che t’eri distratto? E allora me spieghi perché te incazzi e ce rimani male se poi io non te capisco a te che devi cambià la macchina sennò non puoi parcheggià sotto casa in centro, che hai fatto tardi e hai perso l’aereo, non riesci a trovà er taxi o er parrucchiere t’ha sbajato la tinta? Tranquillo, de esse triste capita a tutti, ma io co’ la tristezza tua proprio non c’entro niente (e non so’ sicuro de poté di’ er contrario). Quindi fa er favore: già te sei piato quasi tutto, armeno le lacrime famo che rimangono le mie e ce faccio er cazzo che me pare.

L’IMPORTANTE NON È VINCERE MA FARE COME CI PARE

Io sono sempre stato favorevole alla politicizzazione di tutto. Dai pugni chiusi alzati al cielo di Smith e Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico del 1968 a mille altri episodi (hint: per quel gesto vennero squalificati perché già allora le manifestazioni politiche alle olimpiadi erano vietate e più o meno la lora carriera finì lì. Una sorte simile toccò a Peter Norman, arrivato secondo, al suo ritorno in patria, per aver indossato la coccarda di OPHR in segno di solidarietà). Questo per il principio che le Olimpiadi non dovrebbero dare spazio alle manifestazioni politiche, in questa visione idealizzata dello sport come momento di pacificazione mondiale (secondo lo spirito olimpico della Grecia Antica) in cui l’unità dei popoli ha il meglio sulle divisioni e le liti del tempo comune. A volte questo principio si spezza, un atleta decide di infrangere questo principio sacrosanto e mettere a repentaglio la propria vittoria, a volte anche la sua stessa carriera, per portare avanti un altro principio (politico, ideale, umanitario, personale) perché è così che funzionano i principi: sulla carta sono tutti belli, tutti condivisibili e poi li cali nel mondo reale e fanno a cazzotti, così devi decidere quale dei due ha la precedenza: che cos’ha la precedenza? Il rispetto dello spirito olimpico o la mia esigenza di denunciare la violazione di un diritto? Una regola precisa non c’è, ogni atleta lo decide nel suo intimo, secondo la sua coscienza: quanto vale questo mio ideale? Quanto sono disposto a sacrificare per questo mio ideale? Zapotek ad esempio, per aver firmato il manifesto delle duemila parole, finì a lavorare in una miniera di Uranio. Per questo motivo a me gli atleti che trovano il coraggio di spezzare il tempo sospeso delle Olimpiadi per affermare un principio in cui credono sono sempre stati simpatici. Ho sempre rispettato il loro coraggio, anche quando magari ho pensato che quel loro gesto non valesse quella rottura. E ho pensato lo stesso per la schermitrice ucraina Olga Karlhan che si è rifiutata di stringere la mano all’avversaria russa Smirnova. E io un po’ la capisco dal punto di vista personale, un po’ meno dal punto di vista politico ma in fondo quello che mi dico è: ma chi sono io per giudicare una scelta di questo tipo? Altri atleti prima di lei hanno fatto gesti simili, per lanciare un messaggio, sono stati squalificati, hanno rischiato le loro carriere e se ne valeva o meno la pena lo sapevano solo loro. Io posso o meno condividere le loro battaglie politiche o personali ma il rispetto per il coraggio dimostrato glielo riconosco sempre. E per me la vicenda della schermitrice ucraina finiva qui, come tante altre storie di sport di atleti squalificati per aver manifestato le proprie convinzioni politiche durante una competizione sportiva). Poi invece siamo riusciti (noi, non la schermitrice ucraina) a trasformare quello che era un gesto coraggioso e degno di rispetto in una solenne dimostrazione di arroganza che rivela tutta l’idiosincrasia occidentale per le regole, quando a dover rispettarle siamo noi. Ora a me interessa poco delle varie versioni cavillose e puntacazziste con cui si cerca di sminuire un gesto che è e rimane politico e, in quanto politico, è l’unico motivo per cui con esso si può solidarizzare: perché se non è un gesto politico, se è solo il nascondersi dietro i cavilli del regolamento richiamandosi a regole covid o altre scuse, di quel gesto politico non rimane niente, e allora a me, di difenderlo o rispettarlo, non me ne frega niente. Se però è gesto politico, in quanto vietato, deve sottostare alle regole, e le regole prevedono la squalifica. Conta poco anche quello che fa o abbia fatto, al di fuori della pedana, l’atleta russa che, come stabiliscono sempre le regole, ha partecipato senza bandiera, senza inno nazionale, senza inneggiare al suo popolo e senza rivendicazioni personali. Questo è quello che si chiede a un atleta russo e quello che c’è sul suo profilo instagram possiamo andarcelo a spulciare per farci un’idea di chi sia, se ci sta o meno simpatica. Potrebbe essere anche la più fervida sostenitrice di Putin, non è questo che si chiede ad un atleta russo per partecipare in questo momento ad una competizione sportiva (anche se immagino che sia quello che molti desidererebbero); così come non si chiede a un atleta israeliano di prendere le distanze da Netanyahu, a un saudita di dissociarsi da Bin Salman, così come non pretendiamo la non partecipazione di un suprematista bianco. Poi tutti questi possono anche farci profondamente schifo, ma l’unica cosa che chiediamo è che non facciamo mostra delle proprie convinzioni politiche durante la manifestazione. E la russa questo ha fatto, non le era chiesto altro. Le regole servono esattamente a questo: se queste regole non ci fossero, ognuno potrebbe fare il suo comizietto politico, gli atleti russi potrebbero partecipare con il nastro di San Giorgio al petto, qualcuno potrebbe presentarsi con la falce e martello o con un piccolo stemmino nazista ricamato sulla divisa sportiva. Le olimpiadi, e lo sport in generale (e questo lo abbiamo deciso sempre noi), non sono il posto in cui giudichiamo quali simboli ci piacciono e quali no. Sono il posto in cui abbiamo deciso che quei simboli non ci devono stare ed è proprio per questo motivo che fa scalpore tutte le volte che la vita reale, con tutto il suo carico politico, rompe quello spazio. Nel 2016 il judoka egiziano El Shehaby si è rifiutato di stringere la mano all’avversario israeliano Or Sasson a fine gara. È stato squalificato, nonostante il regolamento del judo non preveda la stretta di mano a fine gara ma solamente l’inchino, cosa che l’atleta africano aveva fatto. Ed è probabilmente giusto che sia così se vogliamo che questi gesti di rottura rimangano, appunto, di rottura. Come si fa a rompere qualcosa che non c’è più? Se non c’è regola, il non rispetto della stessa che valore politico ha? Ma noi non abbiamo fatto neanche questo: non abbiamo, cosa che forse … Leggi tutto

FENOMENOLOGIA DEL NEGAZIONISTA CLIMATICO /2

In seguito al gradimento e alle segnalazioni di nuovi negazionisti. Abbiamo deciso di ampliare la studio e la catalogazione del fenomeno. In questa seconda parte vi presentiamo altri 10 tipi di negazionisti. climabottista La sua strategia è quella di non prendere posizione e fingere di essere equidistante da quelli che definisce “estremisti”. Se c’è un tornado, fra coloro che derubricano il tutto a pioggerella estiva e i climatologi che parlano di un fenomeno estremo di intensità eccezionale, lui si colloca più meno a metà strada: riconosce che qualcosa c’è stato ma era più una lingua di Menelik d’aria che una vera e propria tromba, al massimo un flauto di plastica della prima media. Equidistante un piffero.  fottivoltaico Più che i cambiamenti climatici, il fottivoltaico è impegnato a combattere i programmi per fermarli, perché secondo lui esiste una sola soluzione: il nucleare. Non importa se la prima centrale nucleare italiana sarà pronta quando probabilmente saremo già estinti, il nucleare per lui è la soluzione per tutto: per la produzione di energia, per la riduzione  dell’inquinamento, per il contenimento dei costi, te lo vende pure come cura per i peli superflui (sembra che le cerette all’uranio siano una bomba). In realtà il suo vero obiettivo è far riconoscere come religione “gli adoratori di Fukushima” per non pagare l’IMU sul garage. neganega Nome comune che indica la specie del Negazionista del Negazionismo. Secondo lui non c’è nessun negazionismo, ma solo delle legittime opinioni che dovrebbero trovare più spazio in un sano dibattito pubblico. Ad esempio, chi può escludere che il riscaldamento globale non sia dovuto alla deforestazione dei castori cha fanno tutte quelle simpatiche dighe di tronchi? E se i castori fossero responsabili anche delle più recenti inondazioni? Perché gli esperti non ne parlano? Si fa chiamare eretico, anche se molti preferiscono il termine “a deficiente!”. struzzo del caldo È un adattamento evolutivo dei negazionisti dei climi torridi. Si rifiuta in ogni circostanza di ammettere che fa caldo, per paura che qualcuno possa iniziare una discussione sul clima. Gira con il maglione di lana anche a luglio, la notte dorme con i riscaldamenti accesi perché è convinto che sia solo una questione di abitudine e prima o poi smetterà di sudare. Sempre a un passo dalla disidratazione a causa dei suoi comportamenti, è uno dei negazionisti a più alto rischio di estinzione, tanto che alcune associazioni animaliste ne hanno proposto l’inserimento nell’elenco delle specie da proteggere: in questo caso da se stesse. muskettiere Qualunque cosa succeda, è convinto che Musk è un genio e salverà il mondo. Che lo faccia con le tesla autoguidate, con i progetti di terraformazione di Marte o le feature a cazzo su twitter il suo giudizio non cambia: Musk è un genio e salverà il mondo. Di solito lo puoi riconoscere dalla spunta blu che ha pagato quindici euro per dimostrare a quelli che twittano gratis che Musk è un genio. Se Musk non si preoccupa dei cambiamenti climatici allora vuol dire che non esistono. Perché Musk è un genio. Peccato non poter dire lo stesso di lui. anticccp Sigla che sta per Anti Communist Climate Change Project. L’hanno convinto che il cambiamento climatico è tutto un complotto per cambiare modello di sviluppo e imporre un sistema comunista (c’è da dire che per lui è comunista tutto quello che è più a sinistra di Pinochet). Convinto di questo, ha deciso che è preferibile un’eroica estinzione di massa piuttosto che abbandonare il capitalismo e dare una chance di sopravvivenza all’umanità. Lo puoi riconoscere dal tipico verso di terrore che emette se qualcuno gli si avvicina e sussurra “patrimoniale”. complottardo di lungo corso È un professionista della negazione: dallo sbarco sulla luna, al Covid, al 5g, alle scie chimiche, ha maturato una lunga esperienza nella negazione della realtà e nell’offerta di rimedi miracolosi, che ora mette al servizio dei negazionisti di primo pelo previa raccolta fondi con associazione intestata a lui. A quelli che aderiscono manda un piccolo manuale che spiega come combattere i talebani del clima aprendo un sito che vende un piccolo manuale contro i talebani del clima. Ma non c’è nessun intento truffaldino dietro: lo fa un po’ per abitudine, un po’ per la gloria, un po’ per quelle migliaia di euro che riesce a raccattare di volta in volta. bastian contratto In realtà non è un vero negazionista: lui è spaventatissimo dal climate change. Fa donazioni di nascosto a tutte le associazioni ambientaliste, ha già redatto un testamento olografo su carta riciclata a favore di Greenpeace e di notte va in giro col passamontagna a bucare le ruote dei SUV. Di giorno però lavora come giornalista negazionista perché è stato assunto con un contratto precario, il suo editore pretende una fake news a settimana sull’argomento e non è che il mutuo si paga da solo. antigretino Lui non è che ce l’ha col riscaldamento globale, a lui gli sta sul cazzo Greta Thumberg. Greta è un prodotto sorosiano delle élite e per questo è cento volte più pericolosa di qualsiasi fenomeno atmosferico: è Greta che fabbrica palle da bowling di ghiaccio con cui bombardare le città più inquinanti. La siccità? Colpa di Greta. I tornado? Colpa di Greta. È Greta che mette di nascosto la panna nella carbonara. Fosse per lui venderebbe la macchina domani e diventerebbe vegano ma, finché c’è Greta, non se ne parla neanche. liberomercataro È convinto che a risolvere tutto sarà la mano invisibile del mercato. Non appena diminuirà la domanda di caldo i prezzi dei climatizzatori crolleranno e questo provocherà un calo delle quotazioni del grado Celsius sui mercati globali. Ha dei bellissimi powerpoint che dimostrano che i fenomeni climatici dovranno per forza adattarsi all’economia e che, se proprio non dovesse succedere, è a causa delle tendenze stataliste dell’atmosfera. Cosa che dice con la stessa spavalderia con cui er bancarellaro de Porta Portese cerca di convincerti che quella è proprio una borsa Vuitòn originale in cui hanno solo sbagliato a scrivere il nome. Qui la prima parte.Qui la terza parte.Qui … Leggi tutto

FENOMENOLOGIA DEL NEGAZIONISTA CLIMATICO

Davanti agli eventi di questa settimana i negazionisti climatici, invece che andare in difficoltà, si sono manifestati in tutta la loro potenza. Ma non sarebbe corretto assommare in una parola comportamenti anche molto diversi tra loro. Segui quindi una piccola casistica dei tipi di negazionisti. SEMPERFATTISTA Per lui tutto è sempre stato così: ha sempre fatto caldo, ha sempre fatto la grandine, i monsoni milanesi sono più tipici del risotto; anche davanti alla sua macchina che sembra sopravvissuta a malapena a un checkpoint israeliano, lui è pronto a scartabellare negli archivi per dimostrarti che nel cinquantotto in Guatemala c’erano chicchi di grandine più grandi di così. Di notte lo potresti trovare a lanciare blocchi di ghiaccio dal cavalcavia nel tentativo di dimostrare che c’è di peggio. HASTATISTICO Può presentarsi come evoluzione del primo tipo o manifestarsi direttamente in questa forma. Nell’impossibilità di negare direttamente il cambiamento climatico, passa le giornate a torturare i numeri sperando di ricavarne un grafico che gli permetta di dare la colpa a qualcun altro (preferibilmente i cinesi, ma l’importante è che sia stato qualcun altro). Quando le serie storiche, anche a fronte delle torture, si rifiutano di dargli ragione, si lancia nelle proiezioni sul futuro realizzate interpolando i dati di temperatura di Salcazzo di Sotto con la percentuale di burro nei biscotti per dimostrare che è tutta colpa delle batterie ricaricabili. CLIMAT CAVIAR Dal suo attico climatizzato a 18° gradi non rileva cambiamenti significativi delle temperature; al massimo rileva un leggero aumento dei prezzi di manutenzione dei condizionatori. Niente che non si possa risolvere con un’ulteriore liberalizzazione del mercato o, al limite, con la reintroduzione della schiavitù. sovranista climatico Pretende di combattere il caldo africano con le stesse tecniche con cui vuole combattere gli africani. È convinto che con un bel blocco navale e dei grossi ventilatori montati sulle motovedette possiamo invertire le correnti. In caso contrario, ha già pronto il piano B: un bel muro al centro del mediterraneo che consenta l’ingresso solo ai venti che abbiano davvero voglia di contribuire al benessere di questo paese. riscaldofilo È rimasto intrippato dieci anni fa su quel meme fintocinese che dice che ogni crisi è anche un’opportunità e sì è convinto che il riscaldamento globale sia una manna dal cielo: basterà riconvertire i vigneti a papaya e spostare le vacanze estive a febbraio. È affascinato dalla possibilità di coltivare i pomodori in Siberia e in Groenlandia ma visto che vive in Puglia da due anni prova a capire come fare le orecchiette con le cime di cactus. disallarmista È convinto che sia tutto un problema di comunicazione: per risolvere il problema del riscaldamento climatico basterebbe cambiare la palette dei colori delle cartine del meteo, evitare di misurare la temperatura al suolo, smettere di fare confronti con gli anni precedenti, aspettare due ore prima di fotografare i chicchi di grandine e spostare di dieci gradi indietro le scale dei termometri. Il suo hobby preferito è smontare gli antifurti dalle auto nei parcheggi dei supermercati. Da quando ha smesso di guardare le classifiche ha già festeggiato sei scudetti, tre champions e quattro coppe italia. climatrollogo Ha studiato il clima sul manuale delle giovani marmotte ed eseguito dei complicatissimi calcoli nella sua cameretta, inspiegabilmente rifiutati da tutta la comunità scientifica, che dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che non ha la più pallida idea di che cosa sia la climatologia. Se non riuscite a cogliere l’evidenza dei suoi studi rivoluzionari è solo perché non siete abbastanza intelligenti, non avete le giuste competenze scientifiche, siete parte del sistema oppure non vi siete ancora sottoposti a una lobotomia frontale. prosuver Va bene l’aumento delle temperature, lo scioglimento dei poli, i tornado di provincia, le alluvioni settimanali, i black out energetici, va bene tutto ma l’importante è che lui possa continuare a sgasare in centro col SUV e a stirare le marce e i passanti per sconfiggere la dittatura ciclopedomassonica che vorrebbe imporgli il limite di trenta chilometri orari nei centri abitati o (addirittura!) il passaggio all’elettrico che gli impedisce di fare brum bruuuum! Lo trovi schierato in prima linea contro l’insopportabile frastuono dei tram. troppotarder Il troppotarder si manifesta di solito come stadio finale di evoluzione di diversi tipi di negazionista visti in precedenza. Dopo aver passato anni a combattere, ha finalmente accettato la sconfitta e raggiunto quella sciroccata pace interiore con cui prova a convincerti che bisogna abbracciare l’Apocalisse, magari usando un paio di guanti da forno perché comunque l’Apocalisse scotta. loltrista Forse non il più sveglio, ma sicuramente uno dei negazionisti che fa più ridere (pare che il nome venga proprio da LOL, anche se esistono altre ipotesi). Con notevole sprezzo del ridicolo e anche dei principi elementari della logica, riesce a sostenere contemporaneamente tutte le posizioni precedenti, a volte addirittura nell’arco della stessa conversazione con frasi del tipo: non c’è nessun cambiamento climatico, che comunque è tutta colpa dei BRICS e se non facciamo subito il nucleare sarà un disastro, al quale ci adatteremo senza alcun tipo di problema. Qui la seconda parte.Qui la terza parte.Qui la quarta parte.

SDS#96 – IL CLIMA DEL DIBATTITO

Alla fine se vuoi negà ‘na cosa, lo farai a prescinde dalla realtà. ”Ha sempre fatto caldo!”, sì ma quanto caldo? Caldo, non serve misurallo, basta allarmismo è l’allarmismo che te fa sudà! Certo, Roma ha toccato la temperatura più alta dai tempi de Nerone ma de sicuro la colpa è der colore delle cartine del meteo. Perché er meteo lo sa, vede la cartina tutta rossa e se ingarella, mo ve lo faccio vede io fino andò posso arivà co’ le temperature. È na guerra psicologica, cor meteo, devi uscì cor piumino a 40 gradi e di’ aho ammazza che arietta, tiè, er termometro della machina segna solo 41 gradi mo quasi quasi accenno i riscaldamenti; e allora ecco che er meteo se spaventa, mecojoni che impunito, mo quasi quasi scendo. Che poi a parte i casi singoli, so’ dieci anni che stamo a batte tutti i record e le medie da quanno misuramo la temperatura, e a te ancora te servono i dati perché boh, però me ricordo che nonno nel 58 diceva che faceva caldo solo che sur cinquino non ciaveva er termometro? Boh guarda, certe volte me verrebbe da piatte a schiaffi, ma no pe’ na cosa de violenza ma a scopo scientifico: aho ma che m’hai dato no schiaffo? Quale schiaffo? Boh a me non ma pare, non me sembra, ma sei sicuro che non era no schiaffo percepito? Cioè tu l’hai percepito e io no, è na questione soggettiva. Vabbè, ma mo anche ammesso che era no schiaffo, quanto schiaffo era? Sei sicuro che non era un fenomeno isolato? Io analizzerei er tempo de ritorno de ‘sto schiaffo, tipo… Sbam! Ahio, mo però so’ due! A me me sembrano sempre schiaffi percepiti e li percepisci solo tu, ma comunque, anche due, non me pare un clima da schiaffi! Cioè non è come quella volta ar bar quanno sei entrato urlando che i Maneskin erano mejo dei Pink Floyd. O quella volta che ce volevi convince che Renzi era de sinistra? ner 2018? O quando eri convinto d’ave trovato na caramella co’ la droga? O Vox che doveva arivà al 30%? P l’altro giorno che volevi fa’ lo spiegone su Barbie? O quella vorta der meteorite? Là si che volavano schiaffi. Perché tanto qua non ce sarva manco il meteorite, pure arivasse e se dovessero sarvà dieci persone, due starebbero lì a di’ ma sei sicuro che fosse proprio un meteorite? secondo me era er barbecue der vicino che ha esagerato co l’arosticini! Senti che puzza de carne bruciata!Ma sì ma è tutto normale, voi mette co’ la concentrazione de CO2 der Cambriano? Avoja se me la ricordo… ma che c’entra? Vuoi tornà ar Cambriano? Vuoi fa na transizione ecologica verso er verme de mare? Mo non è che te posso venì dietro solo perché tu stai già a buon punto! Comunque ce stanno pure quelli che dicono che er clima va avanti a cicli de quattrocento anni: basta che aspettate quattrocento anni e tutto torna a posto. Mica ciavrete fretta?  

SDS#95 – D’INCIDENTE MUORE

Lentamente muorechi diventa schiavo dell’abitudine,ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,chi non rischia e cambia colore dei vestiti,e muore all’improvviso chi la vita la rischiatutti i giorni solo per poter lavorare. All’improvviso muore chi cade in una cisternae viene soffocato dalle esalazioni,All’improvviso muore una ragazzarisucchiata da un macchinario a cuisono stati manomessi i dispositivi di protezioneper produrre di più, più velocemente.All’improvviso muore chi viene investitoda un camion durante un picchetto di protesta,chi si schianta precipitando dentro il vanodi un ascensore,All’improvviso muore chi viene travoltoda una lastra d’acciaiodurante l’alternanza scuola lavoro. All’improvviso muorechi non ha diritti,chi non ha tutele,chi non ha fatto i corsi di sicurezzao li ha fatti tanto per,giusto per aderire a un obbligo di legge. All’improvviso muore chi viene schiacciatoda un mezzo industrialeal suo primo giorno di lavoro e muoreall’improvviso un operaiodi settant’anni cadendo da un ponteggio.Muore all’improvviso chi lavora in nero.Muore all’improvviso chi lavora nei campie gli si spacca il cuore per la faticaper pochi euro l’ora,Muoiono sette operai bruciati vivi,dopo un turno di dodici ore,perché non valeva la penainvestire sulla sicurezza. All’improvviso muore chi esce la mattinae non lo sa, che non tornerà a casa,e pensa soltanto che si sta guadagnandoun pezzo di pane.Ma tu non ci pensare,bevi tanta acqua,non uscire nelle ore più caldee lavora fino a sessantasette annisotto il sole.

SDS#94 – I MASERABILI

Forse non è il più grave (sotto diversi aspetti), ma quello della Maserati in prestito ai Carabinieri è forse il più emblematico dei vari episodi della settimana. Certo la Maserati ministeriale non si staglia nel tenue bagliore rossastro di un’insegna dell’Alabama come la 73 Bora di Bobby Western nell’ultimo romanzo di McCarthy, ma più prosaicamente contro un banale cartello di divieto di sosta del Comune di Milano. Non ha quella stolida immobilità dello sguardo del Ministro Sangiuliano mentre realizza di aver appena affermato davanti alle telecamere di non aver letto nessuno dei libri per cui ha appena votato come giurato del premio Strega; né la sfacciata sincerità di uno Sgarbi che, improvvisando un memoriale sulla prostata e i suoi record di scopate ricorda, in un attimo di rara lucidità che il ruolo per il quale è ingaggiato, con un certo successo da quarant’anni a questa parte, è quello di personaggio; neanche mostra la scaltra e finta ingenuità di un La Russa che, nell’esprimere piena fiducia nella magistratura, si premura d’anticipare l’esito di indagini e processo e n’approfitta per lanciare sottintese accuse alla dubbia moralità della vittima; ricorda forse di più la follia compulsiva dei passeggeri della Crociera extralusso 7NC con cui è costretto a interagire D. F. Wallace e che spinge Mona a inventarsi una finta data di compleanno per aver un surplus d’attenzione fatto di bandierine e un pallone a forma di cuore. Mona che, quando poi lui osserva che in realtà il vero compleanno di lei coincide quello di Benito Mussolini (tra gli sguardi di morte della nonna), si dimostra invece tutta eccitata per la coincidenza, avendo confuso, a quanto pare, Mussolini con Maserati. (E viene facile da pensare che oggi quella stessa identica reazione di vaga frenesia così come manifestata da Mona l’avrebbero molti rappresentati del governo in carica se solo il fraintendimento avvenisse a termini invertiti). La Maserati diventa così, come sulla 7NC, lusso pret-a-porter di un tour d’ostentazione coatta, rigorosamente a nolo ma pagato coi soldi dell’azienda già in difficoltà, messo a disposizione di uno Stato il cui compito è certificarne soltanto la status di potente maserabile. Un potere che è sempre più concentrato sull’auto-celebrazione del proprio status, così centrato sul proprio bisogno di sentirsi leccare il culo che, di fronte alle difficoltà materiali di una realtà che suggerisce tutt’altro, è perfino disposto a fornire personalmente la saliva per l’operazione.

IL MANUALE DELLA NON MOLESTIA

IL MANUALE DELLA NON MOLESTIA Premessa. Tutte le volte che un maschio inizia a parlare di stupro e annessi è necessario fare una serie di premesse: la prima che mi sento di fare è che, a margine dell’ennesimo fatto di cronaca su cui, di fatto, non sappiamo niente, si sono scatenate una serie di reazioni pavloviane da cultura dello stupro e victim blaming su cui c’è tanto da dire, ma sicuramente è stato fatto molto meglio di come potrei fare io quindi, semplicemente mi accodo e quello che scriverò di seguito va inteso come integrazione e non come contrapposizione a quei discorsi (ovvero: non è possibile nessun discorso ulteriore se prima non partiamo dal riconoscere che uno dei discorsi reazionari dominanti è, ancora oggi, quello della colpevolizzazione della vittima). La seconda premessa è che in quanto maschio forse sarebbe più saggio stare in silenzio ed ascoltare, epperò credo come maschio ci siano un paio di cose da dire su alcuni discorsi secondari che intravedo, roba che definirei il piano B dei maschietti, e che mi sembrano comunque subdolamente pericolosi anche se in maniera diversa (il che non vuol dire che alcuni di questi discorsi non siano portati avanti anche da persone di sesso femminile: restano comunque discorsi maschili) e quindi, visto che saggio non lo sono mai stato, mi accollo il rischio di provare a ragionarci sopra, da maschio. Fatte queste premesse, e fatti salvi gli accidenti specifici del caso che nulla aggiungono al discorso generale, la domanda è, depurato il discorso di tutte le posizioni reazionarie che si collocano grosso modo al livello culturale di un lanzichenecco durante la razzia di un villaggio, se resta nel rumore di fondo qualcos’altro su cui indagare; e mi pare, questa volta come altre, che tutta una serie di “battute” più o meno infelici e provocatorie sul consenso e sulla validità del consenso siano anche la spia di qualcos’altro. Sia chiaro, molto spesso non c’è veramente nulla di diverso dai discorsi sulla colpevolizzazione posti in premessa, o dal richiamo a un imprecisato stato di natura in cui le cose sono sempre state così. Credo però che, oltre a questo, inizi a emergere un secondo tipo di discorso pubblico (che assumerò per ora come fatto in buona fede) che però mi pare sottilmente ma ugualmente pericoloso: per brevità lo chiamerò piano B dei maschietti o anche discorso normativo. Il retropensiero che sta dietro i “finti contratti sul consenso” condivisi online non è soltanto quello di screditare e inficiare la libera volontà della donna ma anche quello di ristabilire il significato di consenso/molestia/stupro attraverso un processo definitorio, delimitativo, in un discorso che è appunto di tipo normativo e che, quando è fatto in buona fede, potremmo riassumere così: ok, io rinuncio al mio ruolo di predatore sessuale perché ho capito che è sbagliato, ma mettiamoci intorno a un tavolo e stabiliamo in maniera condivisa che cosa va considerato molestia e cosa no, cosa va considerato stupro e cosa no, quello che posso lecitamente fare senza sentirmi/comportarmi come un predatore sessuale, quello che mi è vietato in quanto maschio e quello che invece è considerato accettabile. È un discorso che ho visto spuntare con una certa regolarità ogni volta che viene messo in discussione un singolo comportamento (il catcalling, l’apprezzamento sessuale, eccetera) e che quando non è fatto in malafede sembra avere anche una sua apparente ragionevolezza: una specie di catalogo degli atti leciti, un manuale finalmente definitivo della non molestia entro cui inquadrare e deresponsabilizzare il singolo episodio. Insomma, pur non trincerandosi dietro una fantomatica cancel culture per la quale “non è possibile più fare niente”, si cerca rifugio in un più politicamente corretto “ok, dimmelo tu quello che posso e non posso fare e mi adeguo.” E quindi stabiliamo, di volta in volta ma in maniera lapidaria, che il catcalling non si fa, che chiedere a una propria dipendente di uscire non è opportuno, che in generale non sono opportune relazioni sentimentali sul lavoro tra persone che hanno qualifiche differenti, che l’apprezzamento con vaghe (sì ma quanto vaghe?) allusioni sessuali in contesti lavorativi è da evitare, fino al paradosso del contratto che pretende di chiarire preventivamente quali sono i limiti del consenso, per quali pratiche e con quali durate (che potremmo derubricare a paradosso-boutade se ad esso non fosse ispirata una puntata di black mirror, se qualcuno non avesse provato qualche anno fa a trasformarlo in un’app nel mondo reale e se diverse leggi non concentrassero il tutto sull’esplicitazione del consenso e alcuni non provassero a trasferire quello che è un approccio legislativo al campo culturale). In tutto ciò, come in altri settordicimila situazioni, assistiamo alla grande magia del mondo contemporaneo: la sparizione del contesto. Io non credo che questi discorsi siano sbagliati: mi pare solo che qualcuno, non so quanti in mala e quanti in buona fede, stia cercando di farlo atterrare su un altro territorio. Ora io credo che chiunque abbia avuto la necessità di doversi accoppiare carnalmente con un altro esemplare del genere umano sa che l’approccio “che vuoi scopà?” ha un’efficacia molto marginale a meno di non trovarsi dentro la trama di un film porno e che, nel prolungato intermezzo che passa tra l’elezione di una persona a possibile partner sessuale al momento effettivo in cui tale accoppiamento si materializza o si riduce a pura fantasia irrealizzabile esistono una serie di gradi di approssimazione in cui è sempre possibile che il proprio desiderio si incontri e si scontri col desiderio dell’altro, esponendo ognuno di noi a più o meno imbarazzanti fraintendimenti. Così come chiunque di noi abbia anche solo visto Pulp Fiction credo riesca a cogliere che un massaggio ai piedi può essere una cosa che non è niente, che fai a tua madre, come anche qualcosa che ti fa fare un volo di quattro piani perché forse non è lo stesso fottuto campo di gioco, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport ma è una cosa che a un uomo (dove nel film … Leggi tutto

SDS#93 – ELONIO FUNEBRE

La fine de ‘sta settimana s’è consumata nella piccola isteria twitter dovuta all’ultima genialata del re dei troll Elonio che, così de botto e senza motivo, ha deciso de inserì er twitterlimit: pòi vede ar massimo quattrocento tweet ar giorno, che poi so’ diventati seicento, che poi so’ diventati mille perché Elonio ormai contratta che manco un venditore de tappeti. Che a margine, ciavrebbe senso se armeno non fosse che la metà de questi so’ un tweet de Polito. Ora, potremmo pure discute della geniale strategia commerciale che punta a limità er tempo che i tuoi utenti passano sulla tua piattaforma, se questa non fosse sortanto l’ultima trollata de un megalomane che ambisce ar titolo de miliardario più purciaro dell’universo. Diciamo pure che le premesse non erano state delle migliori: dopo l’arrivo in ufficio cor lavandino, er licenziamento a capocchia de metà der personale, compresi quelle che dormivano in ufficio pe’ “raggiunge gli obiettivi”, ce potevamo aspettà quarcosa de diverso?La spunta blu è diventata “er distintivo da amichetto de Elonio”, che più artro certifica l’idiozia de pagà 15 euri ar mese per superà er limite de 280 caratteri che letteralmente tutti avevano capito come superà da armeno dieci anni, banalmente mette un tweet appresso all’altro. Un po’ come quelli che trent’anni fa se compravano la casa a Monti perché je piaceva tanto lo spirito artigiano e popolare der quartiere e poi dopo quarche tempo se lamentavano che però er quartiere non era più popolare e artigiano come un tempo, cioè prima che arivassero loro. (per chi non è de Roma, na massa de cojoni assortiti che potremmo riassume ner termine “wannabe fighetti” era corsa a comprà casa facendo schizzà i prezzi e cacciando de fatto i residenti storici che me po’ sta pure bene basta che dopo non vieni a piagne che non è più come prima). Così, dopo avé fatto tutto pe’ trasformà twitter nella brutta copia de facebook (ormai ce mancano solo i gruppi “te lo regalo se hai la spunta blu”) viene er dubbio che er genio Elonio ha comprato twitter co’ un obiettivo preciso: fallo diventà na fogna o ammazzallo. E naturalmente mo tutti se lamentamo e, naturalmente, lo famo su twitter. Tutti che se ne dovemo annà, ma stamo su twitter. Tutti che così le cose non pònno annà avanti, ma le cose vanno avanti e ce ne famo na ragione e me pare la migliore allegoria de la società contemporanea: tutti consapevoli che le cose non funzionano più, ma nell’incapacità generale de mettese d’accordo su quale potrebbe esse quella valida fra le varie alternative disponibili, tutte restamo incatenati nella stessa trappola. La finisco qua sennò ve brucio tutte le visualizzazioni io.

SDS#92 – TUTTA COLPA DEI PACIFISTI

Pe’ un giorno er monno è rimasto cor fiato sospeso appresso alla gesta de Evgenij Prigozhin, il partigiano. Naturalmente prima ancora de capì che era successo già era partito er circo delle tifoserie. Così er compagno Prigo è passato da macellaio de Bachmut a rivoluzionario della libertà e ha puntato dritto verso Mosca pronto a deporre Putin. E ce sarebbe pure riuscito, fra gli applausi entusiasti dei NAFO, se non se fossero messi de mezzo come ar solito i pacifisti. Fino a Rostov era annato tutto liscio, occupazione militare come da copione e un paio de video da tiktok che spaccano. Inizia l’avanzata e manco è partito che viene raggiunto da un tweet critico de Luca Telese, segno evidente che i pacifisti vojono più bene a Putin che a lui. Ma lui non se scoraggia, se batte contro l’esercito corrotto russo, de cui lui è solo incidentalmente uno degli esponenti più sanguinari, i liberali russi già lo appoggiano e pure pe’ quelli italiani è già diventato un punto di riferimento fortissimo. Cosa pò annà storto?Subito dopo arriva Daniela Ranieri, lo promuove a editorialista del Foglio e lì Prigo va in confusione: ma me sta a prende per il culo o dice sul serio? Così telefona in redazione, cerca er traduttore, fatte spiegà quella storia del carro e der vincitore, un sacco de tempo perso.E mo? Certo la situazione è drammatica, i pacifisti proprio non rassegnano ar fatto che lui è il nuovo liberatore della patria, i fedelissimi provano pure a levaje twitter ma lui sta più a rota de Calenda e se infogna a legge tutto l’hashtag cor nome suo. Ner frattempo riesce ad abbatte tre o quattro elicotteri russi tipo zanzare anche se non riesce a schivà i thread de Nico Piro e i tweet sarcastici dell’altri pacifisti.  Ma lui continua, imperterrito. Ormai è arrivato a no sputo da Mosca. De trecento chilometri ma comunque no sputo. Nessuno sembra in grado de stoppallo quando succede l’imponderabile: er silenzio de Conte. E mo come farà a conquistà er Cremlino senza l’appoggio dei 5S? La notizia in realtà già circolava dalla mattina e tre quarti della Wagner avevano disertato. Ora che è confermato scoppia er panico. Mo capisce perché Putin non ha fatto un cazzo pe fermallo, ciaveva i pacifisti imboscati pronti a pugnalarlo alle spalle, er discorso della mattina era un messaggio in codice! Cazzo quante ne sanno sti pacifisti, una più de lui. Che fare? I soldati sembrano vacillà, lui prova a scuoterli: aho, ma mica v’ha fatto l’auguri Salvini! Così, dopo na grattata collettiva, la cosa viene messa ai voti: Cremlino o morte! Vince, de poco, Cremlino. Se prosegue, ma proprio in quer momento ariva la telefonata de Lukashenka.Prigo cambia faccia. Ascolta per un po’ e poi dice a suoi: è finita, se ne tornamo a casa. Ma che è successo? Niente, m’ha detto coso che pure Stacce dice che so’ un nazista… regà, non je la potemo fa. Però Luk c’ha un loft a Minsk dice che se se strignemo c’entramo tutti.E così pure Prigozhin se converte ar pacifismo, dice io torno indietro pe evità spargimenti de sangue, in fondo io so’ sempre stato un pacifista, pacifista mercenario, cambio orientamento su commissione, aho ma non è che è ancora disponibile quer posto da editorialista?