DUE CONSIDERAZIONI SULLA SCALA HITLER

Questo è un raro caso (oddio, sull’ex twitter questa rarità è sempre meno “rara”) di risposta idiota a un tweet idiota. Andiamo con ordine.

Partiamo dalla risposta di Bruno: la risposta non ha senso (io a dire la verità ci ho messo pure un po’ a capirla) ed è, per certi aspetti, pericolosa: se da un lato non possiamo mai smettere di denunciare il pericolo che l’opposizione a Israele sfoci in forme più o meno consapevoli di antisemitismo, equiparando l’operato del governo Netanyahu a quello degli ebrei tutti, dall’altro non possiamo far rientrare questo concetto dalla finestra dichiarando che i nazisti hanno combattuto con i sionisti (i nazisti hanno sterminato gli ebrei in quanto ebrei, lasciamo perdere i loro rapporti con i sionisti). Non possiamo pretendere che chi si oppone a Israele mantenga (come è giusto e sacrosanto che sia) la differenza tra governo israeliano, popolo israeliano ed ebrei al di fuori di Israele, se poi siamo noi i primi a riaccomunarli in un unico tutto indistinto quando ci troviamo sulla difensiva. Insomma non è che ci possiamo mettere a fare il gioco delle tre carte (sionisti, ebrei, Netanyahu) a seconda di come ci fa comodo. Perché poi verrà la tentazione a qualcun altro di fare lo stesso e non è detto che quel qualcun altro sia in buona fede come noi.  

E ora veniamo al tweet di Karem, che alla fine è il classico hot take che secondo me, in questo caso e in questo modo, rischia di fare più male che bene alla causa. Mi sforzo di leggerlo in senso provocatorio, simbolico, traslato, ma alla fine boh, mi sembra che non serva a niente. Per prima cosa perché mi pare abbastanza inutile fare le classifiche della cattiveria come quando stavamo alle elementari ed era fondamentale dover decidere se fosse più forte la tigre o il leone. Secondo perché mi pare che, chi volesse prendere sul serio quell’affermazione e smentirla, avrebbe gioco facile a dimostrare che il nazismo, per numeri e aspirazioni totalitarie sul mondo, giocasse proprio su un altro campionato. Mi pare lo stesso stupido gioco che ci ha portato in questi ultimi vent’anni a combattere un Hitler ogni sei mesi a seconda dei cambi dell’agenda geopolitica internazionale. Ok, se è una battuta provocatoria la prendiamo come una bushata qualunque e andiamo avanti, altrimenti mi pare un terreno scivoloso.

Questo non significa che tra le barbarie del mondo non si possano tracciare paragoni e che non possano essere rilevati punti di contatto e somiglianze tra quello che sta facendo Israele in questi mesi a Gaza e l’esperienza nazista, come ha fatto qualche giorno fa Omer Bartov sul Guardian o come ha fatto Masha Gessen nel saggio in cui paragonava Gaza a un ghetto nazista (per citare due esempi concreti di come quel discorso si possa fare, e abbia anche senso farlo). Poi naturalmente quello che sta succedendo a Gaza avrà, oltre gli innegabili punti di contatto con altri orrori della storia, anche le sue caratteristiche specifiche e peculiari, come la narrazione messianica che da elemento puramente propagandistico di piccole sacche di ultrareligiosi si sta trasformando in un discorso pubblico in grado di condizionare il governo. Perché poi alla fine la natura umana quella è, possiamo sempre riconoscerci sia il fondo comune (e la barbarie e la violenza ne sono parte) sia l’unicità propria di ogni essere umano (e di ogni comunità, e di ogni popolo).

È proprio l’idea di una classifica che mi pare risposta infantile, per cui dobbiamo star qui a stabilire se il sionismo sia peggio o meglio del nazismo, per incastrarci in sofismi classificatori che si avvitano in —dal punto di vista numerico, però se guardiamo alla violenza gratuita, ma la componente di fanatismo religioso eccetera. Ha veramente senso costruire questa Scala Hitler della cattiveria umana? Assodato che con Hitler tutti quanti intendiamo (tranne qualche piccolo residuato storico negazionista) il male assoluto, non soltanto in senso concreto ma anche e soprattutto come simbolo del male assoluto, abbiamo dei criteri oggettivi per costruire una scalahitler che permetta un qualche tipo di misurazione sensata? E poi, anche fosse che questa scalahitler oggettiva riusciamo a metterci d’accordo e la costruiamo, che ci facciamo? Qual è il valore hitlerometrico di soglia per intervenire? Cioè se poi viene fuori che il sionismo ha un valore pari a Hitler meno meno, o di 0.8 Hitler, allora va tutto bene? Non è lo stesso discorso, speculare, di quelli che rispondono alle quotidiane denunce dei crimini israeliani tirando in ballo l’Iran? Non sognano anche loro, dopotutto, una scala di malvagità che certifichi che Israele è sotto la soglia di tolleranza? Davvero vogliamo imbarcarci in questo tipo di discussione?

POSTILLA
Già che ci siamo, a questo punto aggiungo due considerazioni sparse su un fenomeno equivalente e che rischia di produrre una dinamica simile: la polarizzazione intorno al termine genocidio. Non credo che usare il termine genocidio per quello che sta succedendo a Gaza sia arbitrario, mi pare anzi che le testimonianze arrivate in questi dieci mesi ne giustifichino ampiamente l’uso: le numerose dichiarazioni di stampo genocidiario di esponenti del governo israeliano, i comportamenti messi in campo dall’IDF, le denunce fatte dalle associazioni internazionali e le argomentazioni degli studiosi del settore, per finire con l’accettazione da parte di ICJ della fondatezza dell’accusa del Sudafrica, che ha deciso di valutare nel merito (riconoscendo che quanto meno non è un’idea campata per aria ma qualcosa che, se non altro, vale la pena di essere esaminata). 
Il punto non è se sia lecito o meno usare il termine genocidio per descrivere quello che sta succedendo; il dubbio è se una polarizzazione totalizzante intorno a questo termine sia utile. Il dibattito pubblico che sta sedimentando sotto questa discussione sembra ormai avvitarsi verso una situazione del genere: da un lato la posizione “c’è un genocidio, è un fatto gravissimo su cui dobbiamo intervenire immediatamente” e dall’altro “non c’è nessun genocidio, non sta succedendo niente”. E l’insistenza ossessiva su questo rischia di cancellare tutte le gradazioni intermedie, come se al di sotto del genocidio non ci siano crimini e massacri che valga la pena combattere. E se invece invertissimo i termini: se dicessimo “stanno succedendo fatti gravissimi su cui dobbiamo intervenire immediatamente e che hanno tutto l’aspetto di un genocidio?” Sì lo so, sembrano quasi la stessa cosa, ma forse è il modo migliore per non intrappolarsi in definizioni formali (quale definizione di genocidio? quella degli storici, quella dei giuristi, l’accezione che usiamo nel linguaggio corrente?) e concentrarsi su quello che sta accadendo: il massacro della popolazione palestinese che continua imperterrito da dieci mesi sotto gli occhi distratti di tutti i governi dell’Occidente.

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